Come si valuta il target dei servizi legali, la matrice di confidenza
Nel marketing e nelle discipline economiche in generale, il pubblico, l’utenza destinataria di beni e servizi viene identificata grazie ad processo di scomposizione statistica che permette di dividere la massa indistinta delle persone che riteniamo potenziali clienti in categorie che i tecnici chiamano con l’inglesismo “cluster“.
Per essere ancora più chiari i cluster sono raggruppamenti, insiemi di persone con delle affinità specifiche. Queste affinità possono riguardare, ad esempio, la fascia di età (tra i 35 e i 45 anni, ad esempio), il sesso (maschio, femmina o transgender), il livello di istruzione (scuola media, superiore, diploma universitario, laurea magistrale, dottoratto, etc.) la provincia di residenza. Ma, grazie alle piattaforme digitali, oggi è possibile raggruppare il pubblico in categorie ancora più capillari e precise.
Qualche esempio?
Tutti gli appassionati di una certa serie tv, i possessori di un certo modello di smartphone, coloro che hanno appena traslocato, l’orientamento politico, il grado di confidenza con la tecnologia, la posizione lavorativa, il livello di anzianità in quella posizione e la disponibilità ad accettare o meno nuove proposte di lavoro.
E questi sono solo alcuni dei possibili parametri che possono essere utilizzati per definire i segmenti di pubblico, in realtà ne esistono centinaia e crescono praticamente ogni giorno.
Ecco perchè si usa definire un modello di utente che incarna una serie di caratteristiche specifiche di certi cluster facendolo diventare un’entità vera e propria che nel marketing viene chiamato “buyer persona”, l’utente o acquirente tipo.
A cosa serve dividere il pubblico in cluster?
È la domanda più immediata che può saltare in mente.
La risposta non è una sola, ma tante. La prima è che segmentando il pubblico per caratteristiche e affinità possiamo, ad esempio, fare un’indagine statistica per capire se gli interessa o meno acquistare un certo tipo di prodotto o servizio. Un altro modo per sfruttare l’immenso potere dei dati è quello di creare campagne pubblicitarie mirate su gruppi specifici di individui ed evitare di “sparare nel mucchio”. Questo permette di ottimizzare i budget di spesa e le risorse impegnate nelle campagne.
Ma una parte del processo di “clustering” (ovvero, categorizzazione) serve anche per elaborare servizi e prodotti ad hoc per quel tipo di pubblico. Quelle persone hanno infatti esigenze, problemi e richieste specifiche che possono essere soddisfatte creando un bene o un servizio come risposta.
In buona sostanza: se conosciamo bene il nostro pubblico possiamo dare loro quello che vogliono, ma, soprattutto, nel modo più congeniale a loro. È un passaggio decisivo, fondamentale in tutti i settori. Il fruttivendolo e la grande azienda di ecommerce fanno entrambe la stessa cosa. Così fanno anche le multinazionali del farmaco, del tabacco o del software.
Si creano i servizi su misura delle preferenze e delle caratteristiche dell’utente e si erogano nelle modalità più adeguate a quell’utente.
È il modello di business del terzo millennio.
E quello che dovrebbero fare anche gli studi legali e le law firm, anche se in modo leggermente diverso.
La matrice di confidenza e la “buyer persona” dei servizi legali
Quando parliamo di servizi legali ci riferiamo non solo all’avvocato che si occupa di consulenze in materia di diritto di famiglia, di lavoro o di impresa. Ci riferiamo semmai a quell’insieme di risultati finali che finiscono in mano al cliente in seguito al lavoro del giurista. Può trattarsi di una relazione, un’analisi, un resoconto, un contratto, un regolamento o un parere.
A seconda della tipologia di utente che andiamo a definire per i nostri servizi dobbiamo dimensionare e confezionare il servizio finale su misura dell’utente.
Per questo, oltre alle variabili che possiamo prendere a prestito dalle categorie socio-demografiche a cui abbiamo accennato sopra, dobbiamo valutare anche quella che nel Legal Design si definisce la “Matrice di confidenza” con i servizi legali.
In questa matrice abbiamo, sostanzialmente quattro macro categorie di individui.
1- I confidenti
Sono persone con una preparazione tendenzialmente universitaria, addirittura specialistica o con una dose importante di curriculum orientata alla giurisprudenza. Conoscono la materia in modo superiore alla media degli individui e non mancano quasi mai di farlo notare. Non sono necessariamente degli specialisti, ma hanno competenza legale a sufficienza da sapersi porre come super visore delle attività legali. Sono tendenzialmente dirigenti, manager di alto livello se non amministratori. Sono clienti con cui si può usare un linguaggio e forme apertamente tecniche, ma senza esagerare.
2- I DIY
È un acronimo inglese che sta per “Do It Yourself“, ovvero quelli che amano il fai-da-te. Hanno una buona confidenza con l’ambito legale, hanno studiato abbastanza da poter dire di avere delle “buone basi”. E proprio grazie a queste basi e alla capacità di destreggarsi in modo relativamente agile tra le informazioni sono quella tipologia di utenti che amano cercare le sentenze online, gli articoli di legge e i pareri in rete.
Questa è una tipologia di utente che può essere molto collaborativa, ma anche capace di farvi perdere molto tempo perchè spesso punta a volervi intrattenere per mostrare “quanto ne sanno” anziché farvi lavorare rapidamente. Possono essere utenti da “governare” con grande diplomazia.
Un po’ come le mamme che guardano i sintomi su internet vanno dal pediatra con la diagnosi.
3- I Delegatori
Noi li chiamiamo anche “utenti consapevoli”. Sono quelli che possono avere un certo grado di conoscenza nella sfera giuridica tale da sentirsi sufficientemente confidenti con la materia, ma non necessariamente. Possono provenire, ad esempio, da una famiglia di avvocati o di consulenti, aver fatto qualche anno di giurisprudenza e aver successivamente cambiato facoltà e via così. Fatto sta che questo genere di utenti capisce in linea generale di cosa state parlando, ma è consapevole che siete voi gli specialisti quindi delega tutto il da farsi al professionista.
Ciò nonostante sono utenti che vogliono capire e non amano i tecnicismi. Spesso sono dei pragmatici che non amano perdere tempo in grandi premesse, ma amano la precisione.
4- Gli intimiditi
Sono la categoria di utenti che hanno nessuna o poca confidenza con l’ambito giuridico. Addirittura possono nutrire un certo grado di diffidenza per un milione di motivi (cultura, esperienze negative con il settore, problemi di carattere legale, etc.). Spesso questi utenti hanno reali difficoltà a comprendere anche i concetti più semplici per una sorta di rifiuto pregiudiziale, ma non certo perché sono stupidi. Hanno bisogno di spiegazioni ripetute, molte rassicurazioni e grande chiarezza. Se gli date qualcosa da leggere sappiate che vorrà leggerlo molte volte e che potrebbe chiedervi nuovamente spiegazioni rispetto a quello che ha letto.
La mappa è il terriorio?
Qualsiasi sia il tipo di approssimazione statistica che utilizziamo per creare dei cluster di utenti o delle buyer persona, dobbiamo sempre ricordarci che sono semplificazioni utili per avere una traccia di massima, per dirla con uno dei paradigmi fondamentali della comunicazione: la mappa non è il territorio. Quella che abbiamo per le mani è però una traccia molto importante che ci consente di confezionare i nostri servizi legali in modo sartoriale giocandoci quindi la carta della fiducia come poche volte abbiamo la possibilità di fare.
Ecco quindi che quando creiamo un regolamento, ad esempio, dobbiamo domandarci a che pubblico è destinato. Quali caratteristiche possiamo avere a disposizione per creare una sorta di identikit del destinatario medio?
La privacy policy che abbiamo realizzato per la nostra App è a prova di teen ager? Anche per un giudice?
La nostra relazione va a degli azionisti? Questo giustifica tutti i tecnicismi? La loro attenzione dove va? Cosa gli interessa sul serio? Di cosa vogliono che gli parliamo innanzitutto?
Questi sono solo alcuni spunti per farci riflettere, di nuovo, che nel Legal Design prima di tutto ci vogliamo occupare della persona e, di conseguenza, creiamo il sistema olistico di servizi e attività che ruotano attorno a lui.